Pasolini e il potere che inganna il popolo

Nel 1973 in un articolo pubblicato sul Corriere Della Sera, Pier Paolo Pasolini denunciò con convinzione e fermezza le conseguenze sociali, culturali e morali, di quello che fu il rapido sviluppo economico che coinvolse il nostro Paese nel dopoguerra. Indubbiamente fu un vero e proprio momento di rinascita economica dopo la distruzione causata dalla seconda guerra mondiale, ma la forma di sviluppo che s’instaurò in Italia, che coinvolse in modo particolare il settore industriale a discapito di quello agricolo, causò secondo Pasolini una “omologazione distruttrice”. Questa malsana forma di sviluppo economico, provocò una vera e propria trasformazione del tessuto sociale, causando un esodo delle persone dalle campagne verso i grande centri abitati dove si trovavano le fabbriche, ma anche quello più epocale dal sud verso il nord. Il pensiero di Pier Paolo Pasolini si tradusse in parole scritte proprio in quell’articolo, poi seguito da “Progresso e sviluppo”, generando forti critiche nei suo confronti da parte di altri intellettuali ma soprattutto di alcune figure istituzionali.

Chi sosteneva quella forma di economia basata sul consumismo sfrenato e di accumulo di beni superflui, erano da una parte coloro che ci guadagnavano non solo in termini meramente economici ma anche di controllo sociale, dall’altro anche le persone ormai assuefatte a tale “benessere”, e ormai incapaci di vederne le conseguenze negative. Per Pier Paolo Pasolini, dietro questa forma di sviluppo basato sul consumo senza limiti, si nascondeva l’imposizione di nuovi modelli di valori con lo scopo di ridurre il più possibile l’uomo alla sola ideologia del consumo. A rendere più efficace questo processo di trasformazione e di omologazione, hanno collaborato anche la televisione di intrattenimento con la pubblicità e quella d’informazione.

Il concetto di rinuncia, che faceva parte della cultura contadina, veniva così sostituito con quello di acquisizione continua di beni non indispensabili. Questo cambiamento venne fortemente criticato da Pier Paolo Pasolini, portando anche l’esempio di quello che era per lui un riferimento, le periferie e le borgate romane ormai private dell’autenticità e della memoria. Da tutto ciò scaturisce quella che è diventata una delle più ferme convinzioni di Pier Paolo Pasolini, ovvero che il consumismo è una forma di potere, ma una forma di potere che inganna il popolo.

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